domenica 17 maggio 2015

Cose che càpitano.


Frizione. Freno. Acceleratore. Nonostante siano passati più di 10 anni da quando ho conseguito la patente, ricordo benissimo il mio primo pensiero quando mi sedetti al volante di un’auto nel tentativo di imparare a guidare. Ma faccio un passo indietro. Frizione. Freno. Acceleratore. Da bambina, diligentemente seduta sul divano posteriore dell’auto di mio padre, fingevo di guidare: svoltavo grazie al mio volante immaginario (che ammetto fosse del diametro e nella posizione perfetta) e usavo i miei pedali immaginari. Frizione. Freno. Acceleratore. Adesso non ricordo se l’ordine dei pedali immaginari fosse questo, quasi dubito che la mia postazione di guida fosse fornita di frizione, anzi sono  certa che il mio cambio a controllo vocale non avesse affatto bisogno della frizione, quindi sarà facile immaginare quanto fosse bello e facile guidare per me. Fu così che la presenza della frizione e della leva del cambio in un posto di guida vero mi lasciarono stordita. I primi tentativi di guida, inutile mentire, non furono brillanti e la realtà fu per me, appassionata di auto da sempre, una vero macigno da digerire. Mi dannavo l’anima non volendo accettare che gente per me sciocca e non meritevole di stima fosse in grado di guidare, quando io pensavo che mai sarei riuscita a trovare la coordinazione necessaria. Frizione. Freno. Acceleratore. Ma con costanza e soprattutto con la necessità di ritrovare la mia auto stima che nel frattempo di era dileguata, piano piano, imparai. Oggi però guido in modo diverso da 10 anni fa. Oggi so guidare non meglio di allora, di quando ero una principiante, ma con uno spirito diverso. Perché oggi, guidare, sta diventando una sorta di sfida, di gioco alla roulette russa: ogni uscita è una lotta contro quelli che scattano simultaneamente con la luce verde del semaforo con riflessi degni di un pilota e quelli che se il rosso non è comparso da più di 2 secondi, si sentono ancora autorizzati ad attraversare l’incrocio. La lotta continua con moto e scooter che si librano in mezzo al traffico nemmeno fossero calabroni, e con certi ciclisti che sbucano controsenso come se il fatto di non utilizzare un mezzo a motore, li autorizzasse a muoversi liberamente come premio perché non contribuiscono all’inquinamento. Poi ci sono i pedoni che decidono di poter attraversare anche fuori dalle strisce pedonali perché raggiungere la zona a loro dedicata è una inutile perdita di tempo, tanto le auto corrono comunque, o quelli che prima buttano letteralmente tra le macchine il passeggino e poi si affacciano per vedere se la strada è libera. Menzione d’onore poi va a chi fuma mentre guida o parla al cellulare tenendo ovviamente una mano occupata per schiacciare contro l’orecchio il telefonino, perché non può permettersi di comprare un auricolare (però possibilmente ha un telefonino intelligente che ha pure il vivavoce incorporato). Non posso però non citare coloro che ritengono accettabile che l’attesa ad uno stop non superi i 10 secondi, dopo i quali si è automaticamente autorizzati a passare o ancora meglio a usare smodatamente il clacson contro il pazzo davanti a se che ancora non si decide a muoversi. I famosi «cartelli stradali a tempo». Ci sono poi gli «utilizzatori di indicatore di direzione laterale» che prima rallentano o si fermano quasi e poi inseriscono la freccia; e ancora, quelli che dal momento che tra 100 metri devono svoltare a destra, si ritengono giustificati di circolare nella corsia laterale riservata agli autobus, e anche pretendendo la precedenza da chi invece è scioccamente rimasto nella corsia giusta; in fondo è da condividere: se sei così stupido da non capire che avresti potuto anche tu fare come loro, meriti di dover aspettare il tuo turno. Tra i miei preferiti ci son quelli che pensano di poter decidere loro il tempo di percorrenza necessario per spostarsi da A a B in base alle loro esigenze: se chiacchierano al cellulare o con l’amico passeggero il tempo di 16 minuti può essere accettabile, mentre se sono in ritardo, pretendono di poterlo ridurre a 10. E poi per ultimi, quelli irraggiungibili, coloro che detengono il primato assoluto, sono quelli che guidano pur avendo la patente sospesa o ritirata, usando le corsie autobus e ignorando la necessità di rallentare in prossima di attraversamenti pedonali e che, nel malaugurato caso vengano coinvolti in qualche tipo di incidente, non hanno nemmeno il coraggio di fermarsi ed ammettere le proprie responsabilità.


1 commento:

Stefano ha detto...

Simpatica. Ricordo anche io le prime volte alla guida della Ford Fiesta nera di mio padre e prima ancora di mio zio e che aveva già visto quasi 100 mila chilometri. Ricordo quanto fosse meno nevrotica la guida rispetto ad allora...o forse a 18 anni non distingui più di tanto. La mia soglia di tolleranza alla guida in città oramai è pari a zero, visto che non è guidare ma soffrire, e non sopporto più nemmeno i rappresentanti della selva di personaggi che hai citato tu, ai quali aggiungerei anche coloro che fanno shopping e guardano le vetrine mentre sono in auto, o quelli che d'improvviso si fermano in doppia fila come se la strada fosse solo loro, o i migliori: i signori attempati che guidano a 25 all'ora fissi con occhiali da sole cappello guanti e giacchetto smanicato da pescatore qualsiasi siano le condizioni climatiche, persino in agosto.