lunedì 27 aprile 2009

D...


domenica 19 aprile 2009

Questione di gusti?

A me non piace molto il concetto di famiglia. E non tanto intesa come binomio genitori-figli. Bensì come insieme anche di zii, cugini, nonni. Forse il mio scarso gradimento è solo dovuto alla mia esperienza

Capita di assaggiare un vino mai assaggiato prima. Capita che quel vino non ci piaccia. Per logica, diremo che quel tipo di vino non va incontro al nostro gusto. E se poi la colpa non è del tipo di vino, ma di quella particolare bottiglia, probabilmente guasta? Forse sapeva un po’ di tappo o forse ormai stava diventando aceto. Ecco, io ho assaggiato solo la mia famiglia. Forse è lei che sa di tappo. Forse altre famiglie non sono poi così male.

Parlo con un conoscente e mi racconta del suo tipico pranzo domenicale a casa della cugina, tra cugini, nipoti e “canuzzi”. Ed immagino un grande appartamento, ampie finestre che regalano luminosità alla sala da pranzo. Tiepida aria primaverile e l’odore della pasta al forno. Guantiere di dolci. Uno zio che scherza con la nipote. Un pranzo di quelli che ti lasciano agonizzate sul divano per un paio d’ore. Semi-incoscienza digestiva con sottofondo di "Tutto il calcio minuto per minuto" alla radio. L’odore del caffè, unico antidoto e ultima speranza per riacquistare e un po’di lucidità. Una zia che baratta la sua ricetta per la torta di mele per quella dei biscotti al cocco. Sorrisi sinceri. Risate sincere. Parenti che sembrano buoni conoscenti, quasi amici; e non un insieme di estranei non vogliono disobbedire a chissà quale ancestrale patto che li obbliga a frequentarsi nonostante non ci si sopporti vicendevolmente.

Quasi mi viene voglia di chiedergli se posso partecipare al pranzo della sua famiglia.

In fondo oggi è domenica.

mercoledì 8 aprile 2009

Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira (J.D. Salinger)

Esattamente quello che ho pensato io dopo aver letto un suo libro. Ed aver scoperto che è vivo e che un telefono di certo ce l'ha, mi ha messo di buon umore.

domenica 5 aprile 2009

Una passeggiata in una tiepida giornata di sole, prove tecniche di primavera. Silenzio. Riesco a sentire il suono dei miei passi anche se le mie scarpe hanno la suola in gomma. Posso sentire scricchiolare il rametto secco che calpesto volutamente. Cammino ascoltando qualche tortora che prende il volo non appena mi avvicino troppo. Strane le tortore: emettono un verso proprio quando spiccano il volo, sembra quasi il rumore delle ali che cigolano. Sento una macchina sopraggiungere alle mie spalle, come sempre cerco di indovinarne la marca dal rumore del motore; qualche volta c'azzecco. Mi piace passare davanti ad una ringhiera adorna di un folto e fin troppo affettuoso rampicante fiorito che mi stupisce col suo profumo. Mi piace origliare senza malizia un suono che proviene da una finestra aperta: qualcuno sta ascoltando la radio. Oppure mi piace rendermi conto che si sta facendo ora di pranzo perché passando davanti ad un'altra villetta mi solletica, senza invadenza, un profumino così invitante da farmi venir voglia di bussare e chiedere se mi invitano a pranzo. Se passo davanti ad una pianta di gelsomino raccolgo sempre un fiore, ma senza fermarmi. Mi piace fare amicizia con i cani, guardiani fedeli di molte ville. Ammetto che alcuni non sembrano ricambiare i miei propositi, mostrano i denti ed abbaiano, ma spero che per la volta successiva mi riservino un'accoglienza diversa. Passando davanti ad una fermata dell'autobus, mi viene in mente il gatto bianco. Adoravo il gatto bianco col suo collare rosso. Mi teneva compagnia durante l'attesa. Bastava chiamarlo ed in tempo da record arrivava; prima il suo miagolio e poi lui. Si lasciava strapazzare di carezze e quando andavo via avevo il tempo di salire sul bus, prendere posto e potevo vederlo ancora lì sul muretto un po' smarrito per la mia improvvisa dipartita. Altra cosa che adoro è associare case ed auto. Potrei darvi le indicazioni per raggiungere casa mia usando come riferimento le auto posteggiate lungo il tragitto. Quando mi imbatto in qualche marciapiede mal curato, faccio progetti per come risistemarlo. Mi immagino a ripulire dalle erbacce le fioriere, o a tinteggiare qualche muretto ormai scrostato dall'umidità. Ho questa mania dell'aggiusta-tutto. Più che altro mi piacerebbe vedere la città sempre ordinata e pulita. Mi piace passeggiare lungo la spiaggia. Si incontrano sempre gli stessi visi. Soprattutto se si decide di essere prevedibili e programmare le passeggiate sempre ai medesimi orari. Tanta gente di tutte le età, c'è chi corre e chi va in bicicletta. Di certo i corridori sono in maggioranza. Li vedo ed mi riprometto sempre di imitarli e magari accordarmi ad alcuni di loro. Poi arrivo in spiaggia. Mi piace sedermi quasi in riva. Non importa se la sabbia è umida. Il mare tiene compagnia sempre con lo stesso suono. Ripetitivo, ciclico. In realtà sempre diverso se ci si concentra. Il bello è questo: sa essere musica di sottofondo per i pensieri o suono potente che distrae e ti costringe a concentrarti su di esso, ad ascoltarlo con l'attenzione che si dedica ad una nuova canzone che piace tanto, di cui vorresti scoprire ogni sfumatura. Basta decidere e lui sarà quello che vuoi tu. Il tempo passa, la gente continua a correre sul marciapiede polveroso, ma esisto solo io, ed il mare davanti a me. Ogni tanto, distratta dal passaggio di qualche moto dalle marmitte troppo rumorose, mi volto indietro verso il marciapiede e ripiombo nella realtà. Ma con la stessa velocità torno nel mio mondo-mare. Quando decido di andar via mi capita di rincontrare i visi già conosciuti prima. E mi sembra di conoscere tutti da sempre. Quando mi trovo attorno tante persone, spesso il mio sguardo sfugge; non riesco a concentrarmi, a guardare in viso le persone, perché sarei costretta a percepire così tante informazioni che andrei in tilt. Sono capace di passare davanti ad un qualsiasi conoscente e non vederlo. Quando invece ho modo di incrociare pochi passanti, dedico loro la mia attenzione. Pochi tratti distintivi mi bastano. E se sono abbastanza particolari, quella persona probabilmente la riconoscerò ogni qualvolta mi capiterà di incontrarla. Tornando verso casa mi rendo conto che mi sento già a casa. Credo ci vogliano 3km quadrati di Mondello per per avere la stessa densità abitativa del mio condominio. Arrivare in via Pazienza equivale ad aprire il portone del palazzo.Vorrei conoscere tutti. Vorrei parlare con tante persone. Avrei voglia di salutare tutti quelli che riconosco, anche se li ho visti solo una volta. E forse inizierò a farlo.