giovedì 4 marzo 2010

Human watching

Uno sguardo, un gesto, un sorriso, una smorfia. Il modo di sfogliare un libro, di guardare gli altri o di tamburellare sul volante aspettando che il disco verde del semaforo si illumini. Io guardo. Gli altri. A volte esco, non ho nulla da fare, ed allora guardo. Non è morbosa curiosità ma semplice voglia di vedere persone. Ed allora mi ritrovo ad osservare chi condivide con me il chiassoso vagone della metropolitana, o la persona incolonnata nel traffico accanto alla mia auto. Perché la parte più interessante di tutte è vedere la gente quando è davvero naturale, quando non pensa che qualcuno la guardi. Allora una persona che aggrotta la fronte mentre legge il giornale, mi incuriosisce. Chi, aspettando l’arrivo dell’autobus alla sua fermata non si limita a mantenere lo sguardo fisso su un punto neutro del marciapiede affollato e magari si guarda attorno, mi colpisce. Osservare il gesto di un gentile automobilista qualunque che sorride al pedone che aspettava diligente sulle strisce pedonali che qualcuno arrestasse la sua corsa. E notare lo sguardo vuoto ed al tempo stesso irritato di un altro guidatore che non avrebbe fatto la stessa gentilezza, e che si trova costretto a rallentare. E a volte inaspettate belle espressioni si dipingono su volti comuni, che in quel momento smettono di essere tali. Visi oggettivamente non belli, che si illuminano. Facce oggettivamente gradevoli, che restano spente. Ed io osservo, mi stupisco di vedere qualcosa di interessante quando non me lo aspetto. E questo mi piace. A volte talmente tanto che mi verrebbe voglia di scambiare due chiacchere con chi ha avuto l’occasione di colpirmi. Al contempo mi capita di non ricordare alcuni volti. Persone che vedo anche spesso e con cui scambio qualche parola, ma così insignificanti che inconsciamente mi rifiuto di sprecare memoria per ricordare i loro tratti somatici. Ad esempio, ci sono un paio di vicini di casa che semmai dovessi descriverli, mi limiterei a dire che hanno due occhi, un naso ed una bocca. Forse anche delle orecchie, forse. Una cosa che mi capita, raramente, è di reincontrare le persone. Intendo gente che ho notato per strada. Lui lo vedo forse giusto un paio di volte l’anno. Anzi vedo dei lunghissimi dreadlocks ed una Bmw GS 1000 degli anni ’90, bordeaux. Sarà per la moto stagionata, per i selvaggi dreads, ma questa persona mi ispira simpatia. Questa volta l’ho visto fermo al semaforo, sempre in sella alla Bmw insieme ad un bambino con un casco di capelli biondi (avesse avuto un vero casco, il sig. Dreads avrebbe perso meno punti simpatia). L’ho osservato per pochi secondi, giusto il tempo di vedergli dare un bacio sulla testa del biondissimo bimbo. Il bacio che solo un papà può dare. E l’espressione corrucciata che avevo fino a quel momento è tramontata, in favore di un sorriso. La prossima volta potrei salutarlo.

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