venerdì 29 gennaio 2010

Perturbazione

lunedì 25 gennaio 2010

CCR



It's just a thought
But i've noticed somethin' strange,
Gettin' harder to explain;
All the years are passin' bye and bye,
Still i don't know what makes it go;
Who said to wait and you'll see?

It's just a thought

But i wondered if you knew
That the song up there is you.
They can't take it from you

If you don't give it away;
Don't give it away; ooh (it's given away.)

It's just a thought
But the word has come too late
That a bad idea will take
Just about a lifetime to explain,
And don't you see,
Good one's gonna be much longer;
Who's gonna wait, just to see?

John Fogerty

venerdì 22 gennaio 2010

La Spia che non spiava (quindi la lancetta che non lanciava) ...


Tanto per cambiare c’è di mezzo una macchina. Anzi un’automobile, per essere precisi. E ovviamente ci sono di mezzo anche io. Che ci posso fare se ci sono in ballo sempre le cose che mi interessano e che occupano i miei pensieri? Ricapitolando: ci siamo io, un’auto ed una strada. Mai immaginata una strada così eterogenea e dai cambi così repentini. Un momento è piena di curve e mi diverto un mondo a percorrerla, il momento dopo si trasforma in un monotono rettilineo dal manto stradale dissestato che mi costringe a procedere piano: noia e fastidio. Poi di nuovo un vorticoso susseguirsi di curve e chicane che mi piace affrontare in scioltezza e per quanto più impegnative, si rivelano divertenti come non mai e i chilometri percorsi così pesano molto meno di quelli che mi tocca fare nei rettilinei. La macchina va bene, sento che risponde subito ai comandi e l’ultima cosa che potrei immaginare è che possa mai guastarsi qualcosa. In fondo, per quanto costruita bene e con soluzioni poco comuni e di alto livello, è pur sempre un’auto semplice. Non ha bisogno di troppe attenzioni e cure. Ha solo un piccolissimo problema. Una sola lancetta che non si muove, una sola spia che non si accende. L’indicatore della benzina. Quello si, è guasto. E non ho modo di sapere quanto carburante ci sia ancora, riserva compresa. Mi chiedo se poi davvero cambierebbe qualcosa sapendolo. Non mi piace programmare troppo le cose, quindi non sarei il tipo da preparare un diario di viaggio con soste e tutto il resto. Rimane il fatto che non so quando finirà, né tantomeno se sarò molto distante dalla più prima stazione di servizio, quando ciò inevitabilmente accadrà. Niente ACI, soccorsi stradali e simili, non ho mai investito molto in quel campo. Fa niente… farò come sempre da sola. Scenderò dall’auto e mi metterò a spingerla. Prima o poi un’insegna luminosa con una conchiglia o uno strano animale con qualche zampa di troppo - forse mutazioni dovute alle esalazioni della benzina che sta sempre lì ad inalare – faranno capolino da lontano, avvertendomi che sono quasi arrivata. E semmai qualcuno strada facendo si imbatterà in me e vorrà darmi una mano, forse potrò accettare. Ma solo la sua compagnia, non il suo aiuto. L’auto la spingerò sempre e solo io. C’è soltanto una cosa che mi permetto di augurarmi: che non mi capiti di dover affrontare una salita.


lunedì 11 gennaio 2010

Finto come la realtà.

Una non meglio precisata frazione della città di A. Ore 15.20 circa. Il grigio domina la scena. Una curiosa figura crea scompiglio tra i vialetti del giardinetto rompendo la loro monotona geometricità. Si staglia retta proprio al centro del viottolo. Cappello calcato in testa, quasi fino a coprire gli occhi. Il cappotto ben chiuso e una sciarpa avvolge il collo con più di un morbido abbraccio. Fa freddo, ma non tanto da impedire alla figura di stare lì immobile. Unico segno di attività il fumo denso che sbuffa ritmicamente dal suo sigaro. Guarda da una parte, nell'insipido silenzio che regna a quell'ora di domenica. Pare di poter quasi sentire il cigolio delle iperattive e forse non tutte perfettamente funzionanti rotelle che girano in quella testa.
A cosa sto pensando? Al fatto che c'è qualcosa che non va. Strade larghe e nuove, piste ciclabili, marciapiedi puliti, arredo urbano immacolato e più o meno verdi cortili ai piedi di ogni palazzina. Sembra davvero tutto perfettamente a misura d'uomo. Sulla carta, forse. Idealmente lo sarebbe. Ma dal vero è assolutamente finto. Il gioco di parole non voluto, descrive la sensazione che sia tutto falso o meglio non naturale. Le inespressive palazzine a schiera, mi intristiscono. Sono spente, grigie anche se dipinte di qualche tonalità pastello. Le guardo e non posso fare a meno di immaginare quegli appartamenti ammobiliati con degli impersonalissimi e non esattamente esclusivi mobili ikea. (non ho capito quando sia diventato di moda avere qualcosa di super economonico e semplice che tutti possono avere. Una sorta di socialismo dell'arredamento che proprio comprendo). Poi immagino piano piano le figure che li abitano. Grigie anche loro. Vedo gente che passa i suoi fine settimana nei centri commerciali, tra cinema da 20 sale, ipermercati, mc donald's e sushi bar. Poi magari mi sbaglio, ma intanto immagino questo. E lo trovo vagamente sfiancante. Si perché ho sempre pensato che più a nord si stesse meglio. Mentre io qui non ci vorrei mai stare. E' solo una mia impressione, la mia prima impressione. E sono sempre disposta a cambiare idea, se ne ho motivo. Ma intanto mi fido delle mie sensazioni. La strada è deserta. Non ho incontrato nessuno, se non conto l'unica un auto di passaggio ed una scapestrata foglia secca che se ne va in giro per i marciapiedi umidi. Riflettendoci, ecco cosa è davvero stranissimo: il fatto che non si senta neppure un uccellino cinguettare o un cane abbaiare, né tanto meno il contrario. Una vera noia. C'è davvero qualcosa che non va, e non solo in questa non meglio precisata frazione della città di A.


domenica 3 gennaio 2010

R.D.L. (Radio Delirio Lessicale)



Un feroce mal di testa non mi fa dormire. E se anche riuscissi ad addormentarmi, probabilmente verrei svegliata dal rumore causato dal vento, o dalla cagnolina della vicina. La sento piangiucchiare (la canuzza, non la vicina) e mi accorgo che, lo dico termini tecnici, mi vengon fuori gli occhi a cuoricino e penso "ma povera ducina canuzza teneruzza.." e cose così. E' il mal di testa, mi dico. Ma non è vero... molto semplicemente divento più scema del solito quando si tratta di cani. Accendo la radio. Io accendo sempre la radio quando non riesco a dormire la notte. So che potrei vedere via web cam il traffico del centro di Città del Messico in tempo reale, grazie ad internet: magie della tecnologia. Ma dove abito io, la radio riesce a prendere si e no sei stazioni. Escluse le due emittenti che propinano musica dance, radio3 (musica classica? non può essere che radio3), un professore che parla di qualche argomento che non riesco a cogliere, nonostante si avverta chiaramente che lui è un professore, mi ritrovo per forza di cose ad ascoltare radio r.t.l. o r.d.s., non ricordo. Si sente che ai due speaker importa solo di uscire da quello studio insonorizzato il prima possibile, ma la musica è sopportabile. Fino a quando decidono di smentirmi mandando in onda una canzone di Ramazzotti. Butto via gli auricolari nemmeno fossero diventanti incandescenti e spengo la radio. Peccato perché a me piace la radio. Mi piace soprattutto la notte. In nottate così, quando il sonno sta già arrivando e la musica fa solo da sottofondo ai miei pensieri, penso spesso che mi piacerebbe lavorare in radio. Ma di notte. Ed allora inizio a pensare a chi, insonni a parte, starà ascoltando la radio a quell'ora. E faccio sempre lo stesso collegamento. Penso a chi sta viaggiando in auto, ai camionisi, agli autisti dei pullman. E di conseguenza penso alle stazioni di servizio, quelle aperte tutta la notte. Quei non luoghi che non dormono mai. Posti dove passano centinaia di persone.E per quanto li trovi a modo loro dei posti squallidi e senza anima, mi vien voglia di essere lì. Quando andai a Roma in pullman scendevo praticamente ad ogni stazione di servizio, ed io ed uno dei miei compagni di viaggio che come me non riusciva a resistere al fascino grottesco di questi posti, ci guardavamo a vicenda come se fossimo altre persone. Come se facessimo parte di qualche segreta congregazione dei frequentatori notturni di autogrill. Ad ogni fermata compravamo qualche tavoletta di cioccolata o pacco di biscotti, di quelli che non trovi in nessun'altro supermercato. Che viene da pensare che ci sia un mercato parallelo di prodotti per autogrill, di leccornie la cui vendita è misteriosamente vietata all'infuori dalle autostrade.

Quello che ho scritto non mi pare di grande interesse, né particolarmente piacevole da leggere, ma sono le 3.57 ed il feroce mal di testa, visto che non riesco a dormire, continua a volermi tenere compagnia; ma com'è caro lui! Credo che queste righe abbiano poco senso, ma ne avranno ancora di meno a leggerle alla luce del sole. E non intendo dire che chi si troverà a leggerle, dovrà farlo di nascosto, ma sarebbe meglio e forse aiuterebbe vagamente la comprensione, dedicarsi alla loro lettura in piena notte. Ma poi mi chiedo.. chi è vorrebbe davvero tentare di comprendere quello che scrivo? Questo è solo puro delirio lessicale. Ed a me piace.